
La scomparsa e l’eredità di un pensatore fuori dagli schemi
Se n’è andato in Florida all’età di novantatré anni John Searle, docente per oltre sessant’anni all’Università di berkeley e celebre in tutto il mondo per l’esperimento della “stanza cinese”. Un quotidiano californiano, alla fine degli anni Novanta, lo paragonò a Sugar Ray Robinson, campione capace di battersi in differenti categorie: un’immagine che rende bene l’ampiezza dei temi affrontati dal filosofo, dall’organizzazione dell’istruzione superiore alla critica della decostruzione come metodo.
Dalla mente al cervello: la liquidità della coscienza
nella grande discussione sul rapporto mente-corpo,Searle cancellò ogni dualismo. Dolore, euforia, ebbrezza, per lui, non erano sostanze misteriose ma fenomeni neurobiologici, prodotti dell’attività neuronale. Spiegava che la coscienza sta al cervello come la liquidità sta alle molecole dell’acqua in un bicchiere: uno stato, non un’entità separata.
La provocazione della “stanza cinese”
Su questa intuizione poggia l’esperimento che lo rese popolare agli inizi degli anni Ottanta. Searle immaginò una persona rinchiusa in un locale; davanti a sé soltanto schede con simboli in cinese e un manuale che spiega come combinarli. Seguendo le istruzioni, l’individuo fornisce risposte corrette a domande poste in quella lingua, pur non comprendendola. Allo stesso modo, sosteneva il professore, un calcolatore manipola segni secondo regole sintattiche, ma resta privo di significato e quindi di ogni forma di coscienza.
Un dibattito ancora vivo oltre il test di turing
Secondo diversi studiosi, la “stanza cinese” rimane il tema più discusso nelle scienze cognitive dai tempi del test di Turing, inventato nel 1950 da Alan Turing per capire se una macchina possa essere definita intelligente. I libri del filosofo, pubblicati in Italia da Einaudi e Adelphi, continuano a rifornire questo confronto con argomentazioni pungenti e inattese.
La voce di John Searle oggi si è spenta, ma le sue domande sul linguaggio, sulla mente e su ciò che chiamiamo coscienza continuano a riempire quella stanza piena di simboli che, a distanza di decenni, nessun programma è riuscito a rendere davvero consapevole.












