
La facciata impeccabile dell’inazione
Il video di Francesco Boz, psicologo molto seguito sui social, mette in luce un fenomeno sorprendentemente diffuso: scegliere di non fare nulla per conservare un’apparenza di controllo totale.Chi si rifugia nell’inerzia appare irreprensibile, proprio perché non corre mai il rischio di fallire. «È semplice sembrare perfetti quando non ci si espone», ricorda lo psicologo. L’assenza di azione funziona come uno scudo: protegge l’immagine ideale di sé e impedisce che gli altri possano criticare o valutare errori inesistenti.
Difesa dell’autostima e self-handicapping
Questo atteggiamento, in psicologia, viene identificato come self-handicapping. In pratica,l’individuo crea ostacoli o, più spesso, sceglie l’immobilità per sottrarsi in anticipo al giudizio altrui. Se l’obiettivo non è vincere, bensì evitare la sconfitta, ogni rischio diventa insopportabile. La persona resta ferma, convinta di proteggere il proprio valore, ma finisce per rinunciare a qualunque forma di crescita.
Quando l’identità si cristallizza nella paura
Dietro il rifiuto di agire si nasconde la paura di vedere incrinata la propria identità. Chi teme il passo falso preferisce non misurarsi mai con la realtà e resta intrappolato in una perfezione apparente, priva però di risultati concreti. Boz definisce questa strategia «una gabbia dorata»: rassicurante all’esterno, paralizzante all’interno.
Il confronto tra mentalità fissa e mentalità di crescita
La riflessione dello psicologo italiano trova un legame diretto con la distinzione tra mentalità fissa e mentalità di crescita teorizzata da Carol Dweck. Chi abbraccia una visione statica delle proprie capacità evita sistematicamente le sfide per timore di sentirsi inadeguato. Al contrario, chi adotta un approccio evolutivo interpreta l’errore come una tappa inevitabile del percorso di apprendimento e trae energia dai tentativi.
Il coraggio di tentare e di imparare
Francesco Boz confessa di nutrire più rispetto per chi, con il volto segnato dalla fatica, mostra la soddisfazione di aver provato cento volte prima di riuscire, rispetto a chi osserva dall’esterno pronto a giudicare. Accettare la possibilità di sbagliare significa riconoscere la propria umanità e conquistare un’autenticità che l’inazione non potrà mai offrire.












