
L’arte che sale sui tetti
Sui tetti di Miano, quartiere settentrionale di Napoli, l’artista Nicholas Tolosa ha appena inaugurato la sua terza tela a cielo aperto. Il progetto, denominato “Studio come opera d’arte”, prevede interventi permanenti che trasformano i lastrici solari in grandi terrazze del pensiero. L’opera appena svelata, battezzata Hippos – cavallo in greco antico – occupa una superficie di circa 9,91 x 10,75 m e sovrasta un edificio di otto piani, divenendo parte integrante dello skyline partenopeo.
Un cavallo tra cielo e città
Tolosa spiega che dipingere i tetti significa “portare l’arte sopra le nostre teste, nel punto in cui lo sguardo si perde”, creando un dialogo invisibile ma potente fra lo studio dell’autore e i principali musei della Campania. Hippos si affianca a due opere precedenti, realizzate sullo stesso palazzo, che si confrontano con Capodimonte e con il Museo Archeologico di Napoli. Il nuovo dipinto orienta lo sguardo verso Paestum e Velia, evocando il celebre Cavallo della cosiddetta Tomba della Finanza, recuperato nel porto di Taranto dalla Guardia di Finanza e oggi custodito nei Parchi Archeologici.
Una prospettiva riservata agli occhi del cielo
L’opera è concepita per essere colta principalmente dall’alto: satelliti,droni,uccelli e viaggiatori che sorvolano la città possono scoprire,come in un gioco di rivelazioni,la sagoma possente di un cavallo che non corre ma scruta l’orizzonte.Questa scelta rende l’intervento “un atto di audacia e di generosità”, poiché introduce un elemento di sorpresa permanente nel paesaggio urbano, offrendo alla periferia napoletana un simbolo di forza e libertà.
Dialoghi a distanza
Le tre pitture sui tetti di Miano sono descritte dall’autore come “conversazioni a distanza”. Con Capodimonte parla un Vesuvio di Warhol, tributo all’energia visiva che fonde tradizione e cultura pop. Con il Museo Archeologico, invece, dialoga Prosopon, una maschera antica che riflette su identità e svelamento. Hippos assume il ruolo di guardiano della memoria: un ponte tra la materia antica e il gesto pittorico contemporaneo, fra la storia millenaria della regione e il presente della metropoli partenopea.
Lo studio diventa paesaggio
La terrazza su cui Tolosa ha steso i pigmenti coincide con il proprio atelier. Così, lo spazio di lavoro dell’artista si dilata oltre i muri, si apre alla città e abbraccia la cultura di un territorio stratificato. “le mie opere” afferma Tolosa “non sono destinate soltanto allo sguardo ravvicinato, ma anche a quello distante: voglio che l’arte abiti lo spazio pubblico, libera e sorprendente, senza cornici, in dialogo con tutto ciò che la circonda.”












