
Il palcoscenico del Teatro Brancaccio accoglie il poverello di Assisi
Il Teatro Brancaccio apre le porte dal 2 al 4 ottobre a un monologo che ridisegna la figura di San Francesco d’Assisi. Sul palco, Giovanni Scifoni veste i panni del santo più carismatico del Medioevo e lo restituisce al pubblico come un artista capace di stupire ogni volta. L’avvicinarsi del 4 ottobre, ricorrenza che torna a essere celebrata a livello nazionale, rende l’attesa ancora più vibrante.
Un monologo che mescola sacro, ironia e performance contemporanea
Scifoni si domanda come evitare la trappola della retorica quando si racconta un personaggio tanto amato. «Come parlare di francesco senza scadere nel banale? Come mettere in scena la sua storia senza trasformarla in una canzone radiofonica?» scherza l’attore. La risposta arriva proprio in scena: la forza di Francesco sta nella sua capacità di essere un artista totale, forse il più grande mai esistito. Le sue omelie diventano spettacoli visionari; improvvisa in francese, cita a memoria le chanson de geste, gioca con vento, fuoco, acqua, persino con il proprio dolore fisico, utilizzando corpo e silenzio come elementi drammaturgici.
Dalle prime prediche alla notte del cantico: l’arte che brucia il corpo
Il percorso teatrale attraversa tutta la vita del santo di Assisi: dalla leggendaria «predica ai porci» alla stesura del Cantico delle creature, primo testo lirico in volgare italiano. Nella penombra della sua cella, ormai quasi cieco e minato dalla malattia, Francesco intona la lode a frate Sole e continua a incantare folle sterminate, facendole ridere, piangere, danzare.«Il problema vero» confessa Scifoni durante le prove «è confrontarsi con un interprete naturale di tale grandezza: Francesco era un attore immensamente più bravo di me».
Gli strumenti antichi che tessono la colonna sonora
Le parole di Scifoni si intrecciano alle laudi medievali suonate da Luciano Di Giandomenico, Maurizio Picchiò e Stefano Carloncelli. Liuti, viella e percussioni antiche creano un ambiente sonoro capace di riportare lo spettatore tra le strade polverose dell’Umbria del XIII secolo, mentre la figura del santo si fa sorprendentemente contemporanea e pop.
Un’incursione pop nella festa nazionale del 4 ottobre
con il ritorno della celebrazione civile del 4 ottobre e la nuova vita di questo spettacolo, Roma riscopre un san francesco irresistibile, un po’ «frikkettone», un po’ attore, ma soprattutto un narratore geniale che continua a parlare con forza a un pubblico di ogni tempo.












