
Il debutto di un progetto nato da appuntamenti disastrosi
A ventinove anni, Giorgia Soleri ha trasformato una serie di appuntamenti sentimentali falliti in un’idea brillante. Giovedì 2 ottobre esce la prima puntata di «Un’ora sola ti vorrei», videopodcast prodotto da Corax e ambientato in un ristorante illuminato da candele. L’atmosfera ricorda l’intimità di un vero date, ma la conduttrice mescola domande fisse a conversazioni che scorrono libere, con l’obiettivo di svelare la parte più autentica dell’ospite.
Un format internazionale, ma con un’anima tutta italiana
L’ispirazione arriva dal popolare programma britannico «Chicken Shop Date», tuttavia la versione firmata Soleri si distingue per un taglio più confidenziale, a tratti seducente. «Volevo creare qualcosa che rispecchiasse completamente ciò che sono» confida la creator, decisa a sfidare la logica dei social che impone contenuti a compartimenti stagni.
Prima ospite: la leggerezza profonda di Virna Toppi
Il debutto vede seduta al tavolo virna Toppi, prima ballerina del Teatro alla Scala di Milano. Le due donne toccano temi che spaziano dalla paura di ritrovarsi incinte all’apice della carriera al bisogno di ricordare quanto sia umano sbagliare. L’alternanza di risate e riflessioni intense costruisce un dialogo in cui la leggerezza non scende mai a compromessi con la profondità.
Il faccia a faccia più audace con don Alberto Ravagnani
Tra gli episodi più attesi c’è quello con don Alberto Ravagnani, il sacerdote influencer che più di tutti fa discutere in Italia. L’incontro promette scintille: dal caso della pubblicità degli integratori ai temi che chiunque vorrebbe affrontare con un prete ma raramente osa sollevare. «Si parlerà di tutto e lui risponderà in modo quanto più aperto possibile» assicura Soleri, divertita dal contrasto tra il mondo del dating e la vocazione religiosa del suo interlocutore.
Un invito alla vulnerabilità
Tra luci soffuse, calici che tintinnano e domande spiazzanti, «Un’ora sola ti vorrei» punta a mettere in crisi le etichette, restituendo spazio alla vulnerabilità. La conduttrice difende la libertà di esplorare territori diversi dal «proprio tema», convinta che l’autenticità resti la chiave per comunicare davvero.












