
Solidarietà per la Palestina scuote il servizio pubblico
Le piazze di Roma, Milano, Napoli e di molte altre città italiane ieri si riempiono di persone che sfilano a sostegno della causa palestinese. L’adesione è talmente diffusa da bloccare la programmazione di diverse trasmissioni del servizio pubblico, segno che anche tanti dipendenti di Viale Mazzini condividono la protesta.
Tre voci dal CdA Rai invocano la rinuncia
I consiglieri Alessandro Di Majo, Davide Di Pietro e Roberto Natale dichiarano che l’azienda deve seguire l’esempio di altre emittenti europee e non prendere parte all’Eurovision Song Contest 2026 se sul palco salirà anche Israele. I tre sottolineano che il gesto sarebbe «un segno concreto di vicinanza a un popolo sottoposto a sterminio».
Cinque emittenti già si tirano indietro
Nei giorni scorsi cinque televisioni pubbliche annunciano la propria assenza qualora non ci siano cambiamenti. Il precedente non è nuovo: in passato l’Ebu, l’unione delle tv europee, estromette prima la Bielorussia e poi la Russia dopo l’invasione dell’Ucraina.
Valori di pace messi in discussione
I promotori della richiesta ricordano che l’Eurovision nasce su principi di inclusione, rispetto e fratellanza. La presenza di Stati coinvolti in gravi violazioni dei diritti umani, osservano, ne minaccia la credibilità. Senza un gesto di dissenso da parte italiana, la partecipazione potrebbe «apparire come una legittimazione silenziosa».
Pressione diplomatica attraverso la cultura
Nel messaggio dei tre consiglieri riaffiora il ruolo storico dell’Italia: Paese fondatore dell’Unione Europea, tradizionalmente impegnato nella costruzione della pace. Rendere pubblica la rinuncia fin da ora, concludono, servirebbe a far percepire a Tel Aviv il proprio isolamento internazionale e, forse, a spingerla a interrompere il massacro «magari in tempo per tornare sul palco di Vienna».











