
Tra antichi vasi e arte contemporanea
Gli spazi del Museo civico archeologico ”Isidoro Falchi” di Vetulonia si trasformano, da dopo Ferragosto fino al 9 aprile, in un crocevia fra classicità e sperimentazione. In vetrina compaiono esemplari vascolari che attraversano un arco temporale amplissimo, dall’epoca villanoviana all’era ellenistica, affiancati da opere di maestri del ‘900 capaci di rileggere lo spirito del mondo antico.
Il percorso espositivo al Muvet
L’allestimento, affidato alla direzione scientifica di Simona Rafanelli e a Vincent Jolivet del Center National de la Recherche Scientifique di Parigi, prende il nome di “Un mecenate e i suoi tesori”. Il fulcro è la selezione proveniente dalle raccolte di Roberto Bilotti Ruggi d’aragona, personalità eclettica che ha ereditato e ampliato il già ricco nucleo Ruggi d’Aragona.Tra le teche brillano hydriai, crateri e raffinate ceramiche attiche a figure nere firmate da Antimenes, Lysippides e Leagros; non mancano le figure rosse attribuite ai pittori di Siracusa e Berlino, fino agli esemplari magno-greci decorati da Assteas e Python. Accanto a questi capolavori spiccano ex voto plastici italici e manufatti in bronzo finemente sbalzato o inciso.
La passione collezionistica di roberto Bilotti Ruggi d’Aragona
Chi attraversa le sale percepisce la visione di un mecenate che ha scelto di “portare l’arte dove non c’è”. Bilotti non si limita a raccogliere: musealizza, dona e crea contesti di fruizione pubblica. Ha contribuito a dare forma al Museo Bilotti a Villa borghese e ai poli di Arte Contemporanea e Ceramica di Rende; anima il MAB – Museo all’Aperto di Cosenza, la sala Boccioni e la sezione ‘900 della Galleria Nazionale. Persino i suoi palazzi barocchi di Palermo, restaurati, sono diventati vivaci centri d’arte.
Dai villanoviani all’età ellenistica: un viaggio nella ceramica
Il visitatore è subito rapito dal passaggio stilistico che si svolge sotto i suoi occhi: dal geometrico all’orientalizzante, dal corinzio al classico. Ogni vaso racconta una tappa della straordinaria avventura artistica del Mediterraneo antico.
Mettere l’arte al centro della comunità
Fra statue e reperti, due figure contemporanee sembrano vegliare sulla mostra: gli “Archeologi” di Giorgio de Chirico, manichini composti da rovine architettoniche, e il “Giano Bifronte” di Gino Severini, ispirato al Culsans etrusco di Cortona. con la loro doppia attitudine, passato e futuro si guardano negli occhi, sintetizzando la filosofia che pervade l’intera esposizione.












