
Bominaco, tra colline d’Abruzzo e silenzio fecondo
Lungo la strada che si arrampica tra i rilievi dell’Abruzzo, la piccola frazione di bominaco si svela poco alla volta, tra boschi di quercia e profili di colline che si perdono verso l’orizzonte. Il motore tace e il silenzio diventa subito complice: in questo spazio sospeso la pietra parla più forte delle voci, il tempo lento avvolge il visitatore in un abbraccio di quiete.
Il primo incontro con l’oratorio: l’impatto della discrezione
Senza clamori, l’Oratorio di San Pellegrino appare accanto a un prato scosceso. La facciata semplice non tradisce la meraviglia che custodisce, quasi volesse proteggere un segreto antico. Chi varca l’ingresso percepisce immediatamente un cambio d’atmosfera: la penombra accoglie, i pigmenti si accendono, l’aria sembra vibrare di storie millenarie.
Un interno che parla al cuore: il racconto pittorico medievale
Sul soffitto e sulle pareti corre un racconto continuo che avvolge come un tessuto prezioso. Il ciclo della Vita di Cristo convive con le Storie dell’Infanzia di Gesù, mentre il possente Giudizio Universale spalanca mondi, destini e gesti in un teatro di colori ancora sorprendentemente vivi. Persino il calendario dei mesi, con le scene dei lavori agricoli, intreccia simbologia, attività contadina e misurazione del tempo umano. Ogni riquadro rivela un dettaglio: un gesto domestico,un attrezzo,un’espressione. L’insieme trasforma la parete in un’enciclopedia figurata dove ogni frammento diventa indizio.
Pigmenti che resistono: la tavolozza dei rossi e degli azzurri
La luce che filtra da piccole finestre non abbaglia: sottolinea, invece, la profondità dei rossi accesi, degli azzurri intensi, degli ocra vellutati e dei verdi di rame, restituendo l’impressione di una pittura fresca di bottega. Si avverte la mano di maestri sospesi fra eredità romanica e riflessi italo-bizantini, capaci di unire ingenuità narrativa e rigore teologico.
Quando la luce danza: il momento giusto per la visita
Le ore del tardo pomeriggio, quando il sole cala dietro le vette dell’Appennino, regalano ai colori un tono vellutato e permettono all’occhio di cogliere le velature più sottili. Entrare senza fretta, sostare al centro, lasciar vagare lo sguardo in cerchi concentrici: è così che l’oratorio rivela la propria voce, evocando una preghiera silenziosa fatta di immagini.
Santa Maria Assunta: la sobrietà che rasserena
Pochi passi bastano per raggiungere la Chiesa di Santa Maria Assunta. Dopo l’opulenza cromatica dell’oratorio, l’architettura romanica dell’edificio maggiore disegna un contrappunto di volumi puri, archetti pensili, pietra chiara che respira. All’interno, la geometria sobria riequilibra il tripudio visivo appena lasciato, invitando il visitatore a un respiro profondo. È un dialogo armonioso tra due anime dello stesso complesso monastico: da un lato la narrazione pittorica totale, dall’altro l’architettura che educa lo sguardo al vuoto, alla pausa, al silenzio.
Il borgo e la sua lentezza: camminare tra vicoli dorati
Terminata la visita, i vicoli di Bominaco chiamano a una passeggiata senza meta. Muri di pietra scaldati dal sole, archi in penombra, scorci che incorniciano la campagna: ogni angolo invita alla calma. Il tempo sembra riprendere fiato su una panchina davanti al paesaggio, mentre il profumo di legna bruciata si mescola all’aria tersa delle alture.
Viaggiatori digitali e riscoperta: il ruolo delle immagini condivise
Negli ultimi anni due appassionati narratori del web hanno raccontato il complesso di Bominaco attraverso scatti e parole che hanno catturato l’attenzione di migliaia di lettori. Il soprannome “Cappella Sistina d’Abruzzo” corre veloce sui social, forse azzardato, ma efficace nel tradurre l’impatto che l’oratorio produce su chi lo vede per la prima volta. La potenza evocativa delle foto ha riacceso la curiosità verso un luogo che fino a poco tempo fa restava patrimonio quasi esclusivo dei conoscitori.
Arrivare a Bominaco: un viaggio che inizia prima della meta
Dall’autostrada A25 basta uscire a Bussi-Popoli e proseguire verso caporciano. La strada sale tra campi coltivati e macchie di bosco, offrendo panorami che preparano l’animo alla bellezza custodita nel borgo. Ogni curva avvicina, metaforicamente, al Medioevo dipinto dell’oratorio, rendendo l’arrivo una sorta di rito di passaggio. Chi giunge in inverno trova il profilo delle montagne imbiancato, chi sceglie la primavera cammina tra ginestre in fiore, chi arriva d’autunno incontra sfumature di rame e bronzo fra i castagni.
Una promessa di meraviglia custodita con misura
L’Oratorio di San Pellegrino non si lascia divorare da flussi turistici massicci, e questa discrezione diventa il suo valore aggiunto.Varcata la soglia,pare quasi di entrare in un microcosmo autosufficiente dove le voci si abbassano d’istinto,dove il passo rallenta,dove la pelle avverte la temperatura costante di un edificio che respira da secoli. Il visitatore percepisce il privilegio di trovarsi di fronte a una bellezza non ancora consumata: un privilegio da proteggere, da gustare con attenzione minuta, da portare via nel silenzio della memoria.












