
Le radici e la scoperta del grande schermoIl 14 agosto Wim Wenders compie ottant’anni e la sua traiettoria, iniziata a Düsseldorf nel 1945 poche settimane dopo la resa della Germania nazista, continua ad affascinare. Figlio ribelle di un medico di successo e cresciuto in un ambiente cattolico osservante, da bambino sogna il sacerdozio. Concluso il liceo classico a Oberhausen, tenta prima medicina, poi filosofia, ma dopo un semestre abbandona definitivamente gli studi: la passione per la cinepresa è più forte di tutto.
L’iniziazione parigina
Nel 1966 si trasferisce a Parigi e trascorre le giornate nella Cinémathèque Française di Henri Langlois,mentre di sera si mantiene come incisore nello studio dell’artista statunitense Johnny Friedlander. Ricorda con orgoglio d’aver visto quattro film al giorno, sette nel fine settimana. È in quelle sale che si forma lo sguardo cinefilo che lo accompagnerà sempre.
Monaco, i primi corti e il Nuovo Cinema Tedesco
Tornato in patria, frequenta l’Accademia del cinema di Monaco e tra il 1967 e il 1970 gira i suoi primi cortometraggi. È assiduo dei cineclub, scrive di cinema, diventa amico del drammaturgo Peter Handke. Influenzato da Alexander Kluge, si ritrova al centro del Nuovo Cinema Tedesco accanto a Werner Herzog, rainer Werner Fassbinder, Edgar reitz.L’esordio nel lungometraggio arriva nel 1970 con «Estate in città». L’anno dopo firma «La paura del portiere prima del calcio di rigore», scritto con Handke, quindi «Lettera scarlatta» tratto da Hawthorne.
Gli anni della strada e l’altrove americano
La metà degli anni Settanta è segnata dalla «trilogia della strada»: «Alice nelle città», «Falso movimento» e «Nel corso del tempo», in cui l’alter-ego sullo schermo è Rüdiger Vogler.Dal 1975 il regista è anche produttore di sé stesso. Con «L’amico americano», interpretato da Dennis Hopper e Bruno Ganz, ottiene successo mondiale e si trasferisce a Hollywood, sedotto dagli spazi sconfinati degli Stati Uniti. Parallelamente coltiva la fotografia, destinata a diventare per lui imprescindibile.
Il tributo a Nicholas Ray con «Nick’s Movie» apre nuove strade al cinema-documento. Il noir «Hammett», prodotto da Francis Ford Coppola, però, testimonia il difficile dialogo con gli studios. Rientrato in Germania, realizza nel 1982 «Lo stato delle cose», girato in un incisivo bianco e nero: il Leone d’oro a Venezia lo consacra.
Palma d’oro e poesia berlinese
il sodalizio con Sam Shepard regala nel 1984 «paris, Texas», palma d’oro a Cannes. Tre anni più tardi, «Il cielo sopra Berlino», con bruno Ganz e Peter Falk, suggella la vocazione poetica del suo cinema. «Fino alla fine del mondo», completato nel 1991, riversa l’amore per il rock grazie alla collaborazione con U2, Talking Heads, Lou Reed, Nick Cave.Nel 1993 «Così lontano, così vicino» riporta lo sguardo sulla riunificazione di Berlino.
Documentario,fotografia e impegno internazionale
Dalla seconda metà degli anni Novanta la narrazione cede spesso il passo al documentario. «Buena Vista Social Club» illumina la musica cubana, «Lisbon Story» e «Tokyo-ga» esplorano la geografia emotiva del viaggio. Il 3D di «Pina» reinventa il linguaggio per omaggiare Pina Bausch. «il sale della terra», realizzato con Sebastião Salgado, e il ritratto «Papa francesco» ampliano ancora di più il raggio d’azione di un autore che, intanto, espone fotografie in tutto il mondo, fonda l’Accademia del Cinema Europeo e affida la propria poetica al saggio «L’atto di vedere».
Il ritorno sorprendente con Perfect Days
Quando molti lo considerano già un decano destinato soltanto alle retrospettive, nel 2023 arriva un progetto in apparenza secondario: la società che gestisce i bagni pubblici di Tokyo gli commissiona un documentario promozionale. Wenders ne ricava «Perfect Days», film di finzione ispirato alla poetica di Yasujirō Ozu. presentato a Cannes, conquista critica e pubblico, dimostrando che lo sguardo errante di Wim Wenders non ha smesso di rinnovarsi.












