
Negli anni Venti, la scoperta della sepoltura di Tutankhamon in Egitto fu seguita da decessi improvvisi tra gli esploratori che avevano aperto la camera funeraria. La stampa parlò subito di una maledizione, alimentata decenni più tardi da circostanze analoghe in Polonia, dove dieci ricercatori entrarono nella tomba di Casimiro IV e persero la vita in poco tempo. Indagini successive individuarono sulle pareti funerarie la presenza di Aspergillus flavus, un microrganismo in grado di produrre spore tossiche che, se inalate, provocano infezioni polmonari talvolta letali.
L’inquietante Aspergillus flavus
Il fungo, protagonista involontario di queste tragedie, possiede una doppia natura. Da un lato rilascia micotossine pericolose, dall’altro sintetizza sostanze bioattive. Proprio alcune di queste molecole, indagate con tecniche di biochimica avanzata, stanno aprendo scenari terapeutici completamente inediti.
Mini proteine contro le cellule leucemiche
Nel corso di un recente progetto di ricerca sono stati isolati quattro peptidi ribosomiali modificati post-traduzionalmente, noti come RiPP. Le minuscole catene di amminoacidi, dopo purificazione, hanno rivelato una struttura ad anelli intrecciati battezzata asperigimicine, termine che richiama il genere di appartenenza del fungo. Una variante lipidica di queste asperigimicine ha mostrato, in colture di cellule di leucemia, un’efficacia paragonabile a quella di farmaci già in uso come citarabina e daunorubicina. Secondo Sherry Gao, coordinatrice dello studio, l’azione antitumorale deriva dal blocco dei microtubuli, filamenti essenziali che guidano la divisione dei cromosomi durante la riproduzione cellulare. Senza uno schema corretto di separazione cromosomica, la cellula impazzisce e va incontro a morte programmata. Curiosamente, l’effetto osservato risulta molto ridotto su linee cellulari di carcinoma mammario, epatico e polmonare, dettaglio che suggerisce una spiccata selettività d’organo.
Il lungo viaggio verso la clinica
José Larios, ematologo del Barbara Ann Karmanos Cancer Institute di Detroit, sottolinea che dalla scoperta di un composto promettente all’uso su pazienti trascorrono in media dieci anni.Prima occorre verificare sicurezza, dosaggi e profilo tossicologico attraverso modelli preclinici, quindi avviare le fasi I, II e III della sperimentazione sull’uomo sotto la supervisione dell’Fda. Solo una piccola frazione dei candidati supera tutte le tappe: meno di un decimo, secondo un’analisi comparsa quest’anno sul Journal of the National Cancer institute.
Costi di produzione e sfide industriali
Larry Norton del Memorial Sloan Kettering Cancer Center di New York evidenzia l’aspetto economico. Se per ottenere la sostanza attiva fosse necessario coltivare tonnellate di A. flavus, le spese risulterebbero proibitive.I chimici, pertanto, stanno già studiando sintesi totali o semi-sintetiche che garantiscano purezza elevata e scalabilità. L’impresa non è nuova: la stessa storia della medicina dimostra come molte molecole derivate da funghi, dalle penicilline alle statine, siano poi state prodotte in laboratorio con successo.
Statistiche di approvazione e prospettive future
Il tumore ematologico rimane un bersaglio in continua evoluzione, capace di sviluppare rapidamente resistenze. Disporre di una nuova arma che colpisca i microtubuli con un meccanismo innovativo potrebbe rivelarsi cruciale. Anche se il traguardo clinico appare distante, la sola possibilità di trasformare un agente potenzialmente letale, legato a un passato di superstizioni faraoniche, in una cura di precisione alimenta un’inedita speranza nel panorama dell’oncologia moderna.












