
appena arrivata negli Stati Uniti, la content creator Nada Donzelli si è ritrovata davanti a un frigorifero da capogiro: ventisette confezioni diverse etichettate come “milk”, ma nessuna contenente il classico prodotto vaccino. Con un misto di stupore e umorismo, ha spiegato che, per lei, decidere quale cartone mettere nel carrello è persino più complicato che firmare un contratto d’affitto.
La giungla del banco frigo
In Italia la scelta ruota attorno a intero, parzialmente scremato, scremato e, a volte, alla versione senza lattosio. Negli scaffali suburbani statunitensi, invece, si apre un caleidoscopio di bevande: latte d’avena, mandorla, pistacchio, soia, riso, cocco, perfino aromatizzato al cioccolato o alla menta, arricchito con calcio extra, vitamina D o proteine addizionali. Ogni variante, rigorosamente, arriva in formati oversize. Il dettaglio che più colpisce la creator è l’assenza di confezioni piccole, simbolo di un’ossessione per l’abbondanza che contraddistingue la cultura alimentare statunitense.
La scelta come mito americano
Secondo Nada, la società statunitense celebra l’idea che l’individuo sia tanto più “libero” quanto più può scegliere. Peccato che l’eccesso di possibilità si trasformi rapidamente in confusione, tanto da far perdere minuti preziosi davanti al reparto frigorifero per poi uscire con un prodotto carico di zuccheri e povero di nutrienti. Nei commenti ai suoi video, alcuni utenti ricordano che anche in Italia la gamma di alternative vegetali è cresciuta, ma la stessa Donzelli ribatte che oltreoceano il fenomeno ha raggiunto proporzioni ben più estreme.
Anche l’acqua diventa un labirinto
Il latte non è l’unico terreno minato. Pure l’acqua, racconta la creator, si presenta in versioni inimmaginabili per un visitatore europeo: bottiglie con vitamina B12, aromatizzate al mango o alla menta, arricchite di collagene, proposte in vari livelli di effervescenza, declinate in versioni alcaline o distillate.Perfino gli iconici biscotti Oreo spuntano in oltre quaranta edizioni, dal ripieno al burro d’arachidi al gusto “torta di compleanno”. Una parata di sapori che, anziché regalare libertà, spesso semina ansia da iper-scelta.
Ingredienti d’oltreoceano che l’Europa non vuole
Dietro lo sfarzo delle opzioni si nasconde un’altra questione, stavolta normativa. Negli Stati Uniti restano di uso comune sostanze che il regolamento europeo vieta o controlla severamente. Coloranti sintetici come Yellow 5, Red 40 e Yellow 6 finiscono in caramelle e cereali, mentre il pollo può essere trattato con soluzioni al cloro. Nel pane si trova ancora il potassium bromate, considerato potenzialmente cancerogeno, e in certe bibite fa capolino l’olio vegetale bromurato.Snack “diet” sfruttano l’olestra, i dolci possono contenere il biossido di titanio per accentuarne il candore, e alcuni formaggi derivano da mucche a cui è stato somministrato l’ormone della crescita rBGH. Nella carne suina o bovina può comparire la ractopamina per aumentare la massa magra, mentre nei cracker persistono grassi trans che l’Unione Europea ha quasi bandito. Persino le mele ricevono trattamenti post-raccolta con la diphenylamine per evitare l’imbrunimento: sostanza che nel Vecchio Continente non è ammessa.
L’abbondanza che divide le due sponde dell’Atlantico
La vita quotidiana negli Stati Uniti, raccontata da Nada Donzelli tra corsie di supermercati e luci al neon, diventa così uno specchio di differenze più profonde: un paese che esalta la scelta senza limiti e un continente che preferisce regole stringenti per tutelare la salute. Nel mezzo, i consumatori, spesso spaesati di fronte a banchi frigo che sembrano infiniti.












