
Il profumo di salsedine, il mormorio dell’acqua che accarezza la battigia, i riflessi turchesi che si confondono con l’orizzonte: il mare da sempre rappresenta un rifugio naturale capace di ristabilire l’equilibrio interiore.Gli studi di ecoterapia confermano che l’immersione in ambienti acquatici accresce la produzione di endorfine e serotonina, ormoni che sostengono il buonumore. Entrare in contatto con la distesa blu significa anche stimolare la creatività, perché la vista dell’infinito libera la mente dai pensieri ridondanti e incoraggia idee nuove.
La Dottoressa Valeria Fiorenza Perris,psicoterapeuta e Clinical Director di Unobravo,descrive l’esperienza marina come “un invito a ritrovare la parte più autentica di sé,grazie all’armonia che favorisce introspezione e riflessione”. Il solo respiro di aria salmastra, arricchita di iodio e sali minerali, infonde energia, sostiene il sistema respiratorio e ricarica le riserve di vitalità. Camminare a piedi nudi sulla sabbia o lasciarsi avvolgere dalle onde attiva, inoltre, una stimolazione tattile che placa lo stress e trasmette una sensazione di libertà.
Ansia, depressione e timore delle profondità
Sole e acqua salata funzionano come antidepressivi naturali, ma chi convive con stati ansiosi o depressivi può faticare a godere di questa fonte di benessere. Spiagge affollate, temperature elevate o rumori continui possono accentuare la tensione e alimentare l’irrequietezza. Per alcune persone la situazione si complica ulteriormente, trasformandosi in un vero e proprio terrore del mare aperto: la talassofobia.
Talassofobia, quando la paura prende il largo
Il termine unisce i vocaboli greci thalassa (mare) e phobos (timore). Compare nel DSM-5 tra le fobie specifiche, caratterizzate da un’ansia intensa e persistente legata a situazioni circoscritte. Nel caso in questione, il trigger è l’acqua profonda. Nuotare dove il fondale non si vede, salire su una barca oppure osservare immagini di oceani può innescare panico, tachicardia, sudorazione e vertigini. Non va confusa con l’acquafobia, paura generalizzata dell’acqua, né con l’idrofobia legata alla rabbia.
Sintomi e sfumature della fobia
Chi soffre di talassofobia avverte un senso di oppressione perfino al pensiero di trovarsi in mare aperto. Alcune varianti mostrano contorni specifici: la cimofobia riguarda il moto ondoso; la scopulofobia si concentra sugli scogli nascosti e sull’ignoto sotto la superficie; la selacofobia focalizza il terrore sugli squali. Le origini possono risalire a traumi infantili, predisposizione genetica oppure condizionamenti culturali che dipingono il mare come luogo minaccioso.
I sentieri terapeutici per tornare ad amare l’acqua
Riconoscere la propria paura costituisce il primo passo. Il supporto di uno psicoterapeuta facilita l’individuazione delle credenze disfunzionali legate all’ambiente marino e avvia un percorso di esposizione graduale. Nel setting clinico, video o fotografie dell’Oceano Atlantico, del Mar Mediterraneo o di altre grandi distese vengono introdotti a piccole dosi per abituare il cervello allo stimolo.successivamente si può pianificare una passeggiata sul lungomare, poi un contatto ravvicinato con l’acqua, fino a immergersi in sicurezza.
La terapia cognitivo-comportamentale si dimostra particolarmente efficace: consente di ristrutturare i pensieri catastrofici,sostituendoli con interpretazioni più aderenti alla realtà.Con costanza e dedizione, la risposta fobica tende ad attenuarsi, lasciando spazio alla possibilità di sperimentare i tanti benefici che il mare ha in serbo per mente e corpo.












