
Genesi di un dramma giovanile
Nel 1940, quando frequentavano la seconda ginnasio, Giovanni Spadolini e l’amico di classe Giulio Cattaneo si lasciavano affascinare dalla figura di Ivan il Terribile. Colpiti dalla tragedia raccontata dallo scrittore russo Aleksej Tolstoj – omonimo, ma non parente, del più celebre autore di guerra e pace – i due quindicenni affrontavano la stesura di un testo in cinque atti intitolato “La follia di uno Zar (Ivan il terribile)”. Il copione restava l’unica incursione teatrale firmata dal futuro statista, un “peccato d’adolescenza” che già mostrava l’eleganza di stile che lo avrebbe caratterizzato nella vita pubblica.
Un manoscritto che attraversa i decenni
nei decenni successivi la pièce non approdava mai sul palcoscenico,malgrado tentativi ripetuti. Giorgio Albertazzi, legato da solida amicizia a Cattaneo, custodiva il dattiloscritto e ne parlava con entusiasmo. Tra il Natale 1983 e il Capodanno dell’anno seguente, spadolini riprendeva quelle pagine e ne faceva stampare alcune copie anastatiche per Nuova Antologia (Polistampa). Si credeva imminente la prima, con Albertazzi interprete principale, ma problemi organizzativi facevano slittare l’allestimento, alimentando però la curiosità degli addetti ai lavori.
Il ritorno in scena alla Biblioteca Spadolini
Domenica 9 novembre, nella suggestiva cornice della Biblioteca Spadolini a Pian de’ Giullari, Firenze, lo spettacolo vedrà finalmente la luce. A più di quarant’anni dall’occasione sfumata, il presidente della Fondazione dedicata allo statista, Cosimo Ceccuti, invita il regista, attore e docente universitario Ugo De Vita a riportare sul palco quel materiale inalterato: un atto unico di circa un’ora che preserva gli ampi monologhi originali.
De Vita, che cura anche la regia, confessa la propria emozione: è per lui un onore confrontarsi con l’opera di quei due “straordinari ragazzi” e, al contempo, rendere un nuovo tributo a Giorgio Albertazzi, che egli stesso diresse nell’Amleto di Mario Luzi affidandogli la voce dello Spettro, affiancato da Elisabetta pozzi, definita la più grande interprete del nostro teatro. L’autore sottolinea come il testo affronti temi di sorprendente attualità: dagli orrori della guerra ai conflitti familiari, con l’uccisione del figlio Giovanni da parte dello Zar, sul palco si accende un vero falò di sentimenti, impregnato di tinte forti e tragiche.












