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Home Cronaca

Perché ricordiamo poco dell’infanzia spiegato da uno psicologo

di Alessandro Russo
02-Nov-2025 08:29
in Cronaca, Cultura
Reading Time: 2 mins read
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Amnesia infantile​ tra sviluppo del cervello e ricordi sfuggenti
Il fenomeno che porta molti adulti a ricordare poco o nulla dei primissimi anni di vita prende il nome di amnesia infantile. L’assenza di ⁤episodi nitidi anteriori ai due-quattro anni non indica che il bambino non immagazzini informazioni; piuttosto quelle‍ tracce,con il passare del tempo,diventano ‍difficilissime da recuperare. A​ guidare⁤ questo processo è la maturazione⁢ dell’ippocampo, che durante l’infanzia attraversa trasformazioni rapide ⁢e profonde. ⁣Mentre la struttura ​cerebrale responsabile ⁢della memoria autobiografica evolve,anche⁤ il modo in cui ​avviene la codifica e,soprattutto,il richiamo degli eventi cambia di conseguenza.

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Il ruolo della neurogenesi e ⁣del ‌linguaggio nella memoria​ dei⁣ bambini
Nei primi anni di vita il cervello‍ produce nuovi neuroni a ritmo sostenuto; tale ricambio, noto come neurogenesi, rende estremamente plastiche le reti ​coinvolte nella memoria.​ Questa caratteristica, preziosa per l’apprendimento, può però destabilizzare i ricordi più ⁢antichi, ‌favorendone lo ⁢sbiadimento. A intrecciarsi con la biologia arriva​ lo sviluppo⁤ del linguaggio. Le parole,la capacità di costruire frasi e l’abitudine a narrare ciò che ⁢accade ⁤permettono di organizzare gli episodi in una⁣ struttura⁤ coerente. Quando‌ il bambino acquisisce ​termini, categorie e competenze narrative condivise con i caregiver, i ⁣ricordi episodici si “ancorano” di più⁢ e resistono meglio all’oblio. Conversazioni ricche di dettagli su luoghi,date e persone funzionano come ripassi​ naturali,consolidando​ la memoria autobiografica.

 

Traumi, stress prolungato e tracce mnestiche frammentate
oltre alla​ crescita del cervello, anche l’ambiente emotivo influenza ⁤la qualità del ricordo. ‍Un’esposizione prolungata allo stress mantiene il livello ‌di cortisolo costantemente alto, interferendo con dendriti e sinapsi di ippocampo e amigdala.‌ Il risultato è paradossale: alcuni dettagli​ carichi di emozione possono fissarsi in modo indelebile, mentre⁣ altri spezzoni della stessa esperienza​ restano​ sfocati o​ inaccessibili. Nei⁢ contesti traumatici subentra talvolta la⁣ dissociazione,‌ una sorta di distacco mentale che rende ‍difficile inquadrarne la sequenza ‌logica.⁢ All’estremo ​opposto⁢ dell’arousal ‌acuto, la psicoanalisi aveva ipotizzato meccanismi ‍di “rimozione”‍ delle memorie‍ spiacevoli; la ricerca contemporanea, pur non escludendo del tutto ⁣fattori difensivi, attribuisce maggiore peso alle componenti neurobiologiche e culturali.

 

Quando le assenze di ⁣memoria meritano ‌attenzione clinica
​Dimenticare ampi tratti ‍dei primi tre-quattro anni è ⁢la norma​ per la​ maggior parte delle persone. Tuttavia ⁢vale la pena consultare uno psicologo ‍o uno psicoterapeuta se ‌ai⁤ vuoti si aggiungono incubi ricorrenti, ansia intensa, flashback ‍invasivi o difficoltà funzionali nella vita quotidiana.‍ Parlare‌ delle esperienze‌ con figure di riferimento, collezionare foto di famiglia, registrare⁤ aneddoti e, ove necessario, adottare pratiche di gestione dello stress ​(sonno ​regolare, attività​ fisica, tecniche di respirazione) contribuisce a rafforzare circuiti neurali⁤ più ⁣stabili⁣ e ​favorevoli ​al recupero della memoria autobiografica.

Tags: amnesia infantilelinguaggio e ricordimemoria autobiograficaneurogenesisviluppo del cervello
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