
Con l’arrivo di settembre le giornate si accorciano e il cosiddetto fotoperiodo si riduce. Meno ore di sole significano minor disponibilità di energia luminosa: la fotosintesi clorofilliana diventa sempre meno vantaggiosa. in risposta, gli alberi caducifogli rallentano il proprio metabolismo e si preparano al riposo invernale. Un giovane botanico, mentre passeggia nel Royal Botanic Garden di Londra, spiega che «la pianta capisce che non conviene più continuare a fabbricare zuccheri come in estate» e avvia un delicato riassetto interno.
Il ritiro della clorofilla svela colori nascosti
Il primo gesto visibile è il riassorbimento della clorofilla, il pigmento che dona alle foglie il tipico verde. Man mano che la sostanza viene smontata e trasferita verso tronco e radici, il verde impallidisce. È come se una potente lampada si spegnesse e, all’improvviso, il cielo notturno lasciasse emergere le stelle. Proprio allora si rivelano pigmenti normalmente invisibili, già presenti ma coperti dalla clorofilla dominante.
Carotenoidi e antociani,guardiani silenziosi dei tessuti vegetali
I carotenoidi tingono il fogliame di giallo e arancio,proteggendo le cellule da eventuali eccessi di luce. Gli antociani,responsabili di rossi e porpora,agiscono come scudi contro il freddo precoce e lo stress ossidativo. Non si tratta di semplice bellezza: quei toni vivaci sono la prova concreta di strategie evolutive affinate in milioni di anni.
Riserva energetica per la prossima primavera
Durante lo stesso periodo la pianta recupera azoto, fosforo e magnesio dalle vecchie foglie, immagazzinandoli in radici e corteccia. Una volta svuotati i tessuti di queste sostanze preziose, il picciolo si indebolisce, un leggero soffio di vento stacca la lamina e la pianta riduce la superficie esposta al gelo. Così facendo, alla comparsa dei primi tepori primaverili, l’albero possiede già le scorte necessarie per far sbocciare nuove gemme.
Una sinfonia cromatica che parla di adattamento
Ogni sfumatura autunnale, dal giallo oro del ginkgo biloba al rosso acceso dell’acero giapponese, è un messaggio silenzioso di adattamento ambientale. Dietro a quel mosaico variopinto si nascondono processi di sopravvivenza, riciclo di nutrienti e protezione dai rigori dell’inverno. In altre parole, la tavolozza che ammiriamo durante una passeggiata nei parchi di Milano, nelle foreste del massiccio del Monviso o lungo le rive del Tamigi è la voce stessa della natura che, anno dopo anno, ci invita a osservare con meraviglia il proprio mutare.












