Dalla parte bianca dell’anguria nasce un sapore sostenibile
Il segreto giapponese nascosto sotto la scorza
In Giappone, quando la polpa rosso rubino dell’anguria finisce in tavola, la buccia non viene mai abbandonata. al contrario di quanto accade in Italia, dove tonnellate di scorze finiscono nell’umido, nei negozi di Tokyo, Osaka e nelle piccole botteghe di Kyoto la parte esterna del frutto si trova esposta accanto a tofu e alghe.La mentalità del mottainai – «che peccato sprecare» - spinge a utilizzare la sezione interna chiara, dopo aver rimosso lo strato verde. Così la scorza si trasforma in ingrediente quotidiano, pronto da cuocere o da gustare crudo.
Ricchezza nutrizionale inattesa
Dentro quel bordo pallido si nascondono vitamina A, vitamina C, vitamina B6, potassio, magnesio, fibra alimentare e citrullina, amminoacido che sostiene la circolazione sanguigna. Laboratori di ricerca giapponesi sottolineano un indice glicemico contenuto e un significativo potere antiossidante, caratteristiche che collocano la parte bianca dell’anguria nei menu salutisti delle metropoli nipponiche.
Dalle case ai ristoranti stellati
Nei piatti casalinghi la scorza tagliata a listarelle diventa tsukemono, fermentata con sale e riso. In cucina d’autore, chef come Yoshihiro narisawa o Shinobu Namae la trasformano in condimento croccante per sashimi, o nel suika no kawa no aemono: dadini di scorza con sesamo tostato, salsa di soia e aceto di riso. Anche i conbini, aperti giorno e notte lungo le strade di Hokkaido come di Kyushu, vendono snack di buccia marinata o essiccata, pronti da sgranocchiare.
Cultura dello spreco zero
Campagne governative, come food Loss Challenge, invitano i cittadini a rivalutare ciò che solitamente si getta. Scuole di cucina e food blogger propongono curry di scorza con latte di cocco o confetture dal retrogusto fresco. Ogni pezzetto del frutto viene così recuperato, in linea con l’estetica giapponese dell’equilibrio e dell’armonia.
L’esempio italiano in divenire
Nella Penisola la tradizione continua a relegare la buccia d’anguria tra i rifiuti organici, ma alcune startup agroalimentari stanno sperimentando composte, sottaceti e farine vegetali a base di scorza. Il percorso è appena iniziato, tuttavia l’esperienza giapponese dimostra che un gesto semplice può ridurre gli sprechi e aprire nuovi orizzonti gastronomici.