In sala a settembre la storia di chuck, l’apocalisse più intima di Mike Flanagan
Una fine del mondo tutta personale
L’oscurità avanza, gli edifici si svuotano, la linea del cellulare sparisce e la rete diventa muta. Così prende il via ‘Life of Chuck’, nuova pellicola firmata Mike Flanagan, attesa nelle sale italiane dal 18 settembre. L’opera ha già conquistato il premio del pubblico al Toronto Film Festival 2024 e, subito dopo, l’interesse della casa di distribuzione indipendente Neon, che negli ultimi anni ha portato sul palco degli Oscar titoli come ‘Parasite’ e ‘Anora’.
Tre atti, un solo cuore
Tratto da un racconto di Stephen King, il film non mostra la fine dell’universo, bensì la lenta dissolvenza dell’esistenza di un uomo ordinario: Charles Krantz. La sua vita si compone di tre segmenti non cronologici, con personaggi e contesti differenti, rivelando quella ”moltitudine interiore” che, secondo Flanagan, ci abita. Il regista, celebre per serie di successo come ‘The Haunting of Hill House’, ‘Doctor Sleep’ e ‘La caduta di Casa Usher’, sottolinea come, per la prima volta, abbia abbandonato fantasmi e mostri per concentrarsi sulla quotidianità stessa, con le sue perdite e i suoi lampi di gioia.
L’uomo che brucia come una biblioteca
“Quando qualcuno muore, è come se si incendi una biblioteca”, ricorda Flanagan citando l’autore del Maine. Ogni individuo custodisce un universo di ricordi,esperienze,relazioni. ‘Life of Chuck’ si muove tra due poli opposti: la catastrofe e la tenerezza. In quel delicato equilibrio si colloca il ritratto di Chuck, interpretato da Tom Hiddleston, il volto di Loki nell’epopea Marvel.
Hiddleston: cinque giorni, un’esistenza intera
L’attore britannico, classe 1981, confessa di aver vissuto una delle prove più toccanti della sua carriera. Le riprese si sono concentrate in appena cinque giorni, durante i quali Hiddleston ha trascorso l’85-87 % del tempo danzando per le strade dell’Alabama. “Dal lunedì al giovedì ho consumato le scarpe sull’asfalto; il venerdì, al confronto, è sembrato una passeggiata”, racconta.
Il ballo che illumina il marciapiede
La sequenza più lunga vede Chuck appoggiare la valigetta sul marciapiede e lasciarsi guidare dal ritmo di una batterista di strada. Attorno a lui si forma un cerchio di curiosi; una sconosciuta, interpretata da Annalise Basso, trova il coraggio di unirsi ai passi del protagonista. Hiddleston non ignora che, pochi mesi dopo quel momento, la vita di Chuck si sarebbe spenta: proprio questa consapevolezza dona alla scena un sapore dolce e insieme nostalgico, perché in quegli attimi apparentemente banali si concentra la vera meraviglia dell’esistenza.
Vivere nell’incertezza, celebrare la gratitudine
“ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, ma nessuno di noi sa quale sarà”, riflette Hiddleston citando un pensiero attribuito a Voltaire: l’essere umano possiede due vite, e la seconda inizia quando comprende di averne una sola. ‘Life of Chuck’ non è dunque un racconto sulla paura della morte, bensì un invito a cogliere la gratitudine per ciò che abbiamo. Se anche una sola persona, uscendo dalla sala, guarderà con occhi diversi i piccoli gesti della propria quotidianità, allora il film avrà raggiunto il suo scopo.