
Un viaggio dal 2001 che riemerge nel presente
Tre videocassette dimenticate in un cassetto dal 2001 tornano alla luce e diventano il cuore di With Hasan in Gaza, pellicola che inaugura il Concorso internazionale del Locarno Film Festival. Kamal Aljafari descrive l’opera come “un tributo all’umanità”, forse il suo debutto autentico, benché arrivi dopo anni di carriera.
Il tesoro nascosto in tre cassette
il regista rivede per la prima volta il materiale soltanto adesso e osserva sullo schermo un vecchio viaggio da nord a sud della Striscia di Gaza in compagnia di Hasan, compagno di cella conosciuto nel 1989 durante sette mesi di detenzione. “La vita è misteriosa”, confida in conferenza stampa, sottolineando come il cinema acquisti un significato speciale quando mostra “la vita e i luoghi di un popolo che viene cancellato”.
Scene di vita tra spari e sacchi di sabbia
Sul nastro scorrono bambini che ridono e si mettono in posa, uomini intenti a una partita a carte, colpi d’arma da fuoco che riecheggiano nella notte. Alcune donne accompagnano la troupe dentro case protette da sacchi di sabbia alle finestre; oltre i muri si intravedono le bandiere di Israele e gli insediamenti. Nel rivedere quelle immagini, il cineasta confessa di non riconoscere subito ciò che sta guardando: prova lampante di come la memoria possa ingannare.
La riflessione sulla memoria
La pellicola, sospesa tra documentario e film di famiglia, diventa meditazione su ciò che la guerra sottrae e su ciò che i ricordi sanno restituire. “È incredibile come funzioni la memoria: quando ho visto quelle scene non sapevo nemmeno di cosa si trattasse”, spiega Aljafari, che ha trascorso l’ultimo anno immerso in quelle vite di cui “non conosciamo il destino”.
Parole dure inviate a un collega
In una lettera indirizzata al regista Alessandro Gagliardo e condivisa insieme al film, Aljafari scrive che,quando ritrova i nastri nel luglio 2024, Gaza è sotto bombardamento continuo. Già allora, gli esperti parlano di un quantitativo di esplosivo pari a un ordigno atomico; oggi, aggiunge, l’equivalente salirebbe a sei. Invoca la creazione, in ogni nazione, di un museo dedicato a quello che definisce “genocidio palestinese”, chiamando in causa Stati Uniti, Germania, Italia e altri paesi complici per aver fornito armi.












