
Slash e l’amore per il grande schermo
Il pubblico di tutto il pianeta identifica Slash, nato Saul Hudson, con la sua chioma riccia, l’inconfondibile cilindro, la Les Paul stretto al petto e assoli che hanno segnato la storia del rock, come quello inciso in November Rain. Da quasi tredici anni, però, il chitarrista dei Guns N’ Roses coltiva un’altra passione: il cinema. Racconta di averla avuta “da sempre”, sin da quando ha iniziato a divorare dischi e pellicole mentre lavorava tra gli scaffali di Tower Records a Los Angeles.
Deathstalker, spade e stregoneria al Festival di Locarno
Fuori concorso al festival di Locarno, arriva Deathstalker, reboot – non remake – dell’omonima avventura del 1983. Alla regia c’è Steven Kostanski, mentre Slash figura come produttore esecutivo. L’atmosfera rimane fedele al filone ”sword and sorcery”: solo gomma, litri di sangue finto e zero computer grafica. Nella nuova trama il regno di Abraxeon è sotto assedio dei Dreaditi, emissari del mago defunto Nekromemnon. Il protagonista, interpretato da Daniel Bernhardt, trova un amuleto maledetto e finisce intrappolato tra arti oscure e mostri incalzanti.
Un copione “dannatamente fantastico”
Quando il musicista riceve la sceneggiatura, la curiosità lo riporta a quei giorni in cui la pellicola originale veniva richiesta di continuo dai clienti. Bastano poche pagine per convincerlo: il testo, racconta, è ”dannatamente fantastico” e promette puro divertimento sul grande schermo. La componente nostalgica, legata ai ricordi degli anni in negozio, si mescola a un entusiasmo genuino per la nuova direzione della saga.
Suono, immagini e l’”orgasmo” creativo
In ogni progetto targato Slash, la parte sonora occupa un ruolo centrale. Che la colonna sonora finisca direttamente nelle sue mani o in quelle di un altro compositore, per lui il massimo dell’intrattenimento nasce quando l’immagine giusta sposa la musica giusta.Paragona quel momento a un autentico “orgasmo” creativo, in cui vibrazioni acustiche e frame visivi si fondono in un tutt’uno.
L’orrore è questione di psicologia
Secondo il chitarrista-produttore, un horror di successo non dipende da un’esibizione di viscere e fluidi, bensì da un’intelaiatura psicologica precisa.Ciò che turba davvero lo spettatore è la scrittura dei personaggi e l’intreccio narrativo. Proprio questa, ammette, è la sfida più ardua: spaventare la mente prima ancora che lo sguardo.












