
La nuova anima turistica di Napoli
Negli ultimi dieci anni Napoli ha visto affluire un numero sempre maggiore di visitatori. Collegamenti più rapidi, costo della vita conveniente e un patrimonio che abbraccia musica, teatro e calcio hanno ridefinito il volto della città. Chi approda all’ombra del Vesuvio non rinuncia a provare le sue celebri delizie: pizza margherita, pizza fritta, pasta ai frutti di mare e, per chiudere con dolcezza, il profumatissimo babà.
Alle origini di un mito dolciario
Molti pensano che questo dolce sia nato in Campania,ma un filmato divenuto virale sui social ha riportato la vera genealogia. L’appassionato divulgatore gennaro Calvano, insieme a Massimiliano Rosati, volto dello storico Caffè Gambrinus in piazza Trieste e Trento, spiega che il babà deriva dalla “babka ponczowa“, torta lievitata amatissima da Stanislao Leszczyński, sovrano di Polonia nel XVIII secolo. Dopo la seconda deposizione, il re si stabilì a parigi presso il genero Luigi XV, portando con sé la ricetta.
Il passaggio attraverso la Francia
La versione originale polacca era un anello di pasta soffice preparato con farina forte, burro, zucchero, uova, lievito di birra e talvolta uvetta. Gli ospiti parigini la trovavano un po’ asciutta, perciò veniva spesso immersa in liquori come il Tokaj o in sciroppi speziati. Qui intervenne il pasticcere Nicolas Stohrer, che eliminò l’uvetta, introdusse il rum giamaicano e trasformò la forma in quella a fungo che oggi conosciamo: nacque così il babà moderno.
L’approdo partenopeo
Giunto sulle sponde del Golfo di Napoli, il dolce trovò un pubblico entusiasta.La città lo fece proprio, calibrando la quantità di rum e la consistenza dell’impasto secondo i gusti locali. Da quel momento il babà è diventato una presenza fissa nelle vetrine di via Toledo, di via Chiaia e nelle pasticcerie dei Quartieri Spagnoli.
Il procedimento del Gambrinus
Nel laboratorio del Gambrinus l’impasto vede protagonisti farina di forza,burro,sale,lievito,zucchero e uova freschissime. Lavorato a lungo,diventa elastico e lucido,quindi viene suddiviso in porzioni che riposano in stampini somiglianti a piccoli calici. Quando la pasta supera di poco il bordo, si inforna a 200 °C per circa venti minuti.
Terminata la cottura,i babà riposano ventiquattro ore. Il giorno seguente vengono immersi in uno sciroppo bollente di acqua, zucchero e rum, poi strizzati delicatamente e completati con un’ultima spruzzata di rum puro. È in questa fase che acquisiscono la loro texture inconfondibile, soffice e spugnosa, pronta a trattenere l’aroma.
Un dolce con tre patrie
Il babà custodisce in un solo morso l’eredità di Polonia, Francia e Italia meridionale. La sua capacità di intrecciare culture distanti ha contribuito alla sua fama planetaria, rendendolo un simbolo non solo della pasticceria partenopea, ma di un’Europa capace di incontrarsi attorno a un dessert profumato di rum.












