
Una voce da 1,23 sterline scatena un putiferio
Una semplice serata nel cuore di Islington, quartiere alla moda di Londra, si trasforma in un caso virale quando due clienti del pub Teh Pig and Butcher notano sul conto finale una riga insolita: «Optional Carbon Free Dining – £1.23». L’importo, pari a poco meno di 1,50 €, sembra trascurabile, eppure diventa la scintilla di un acceso confronto in rete. La foto dello scontrino, condivisa da un utente di un noto social, mostra due portate di manzo da 54 £ complessive, pane da condividere a 4 £, due calici di rosso rispettivamente a 9,50 £ e 11,50 £, una pavlova alle fragole da 10 £ e, appunto, quel misterioso contributo ambientale. In un attimo partono accuse di «greenwashing» e paragoni con le mance obbligatorie praticate in alcuni locali d’oltreoceano.
I dubbi sull’opzione «carbon free dining»
La gestione del pub spiega che la somma serve a finanziare GiftTrees, realtà che pianta alberi da frutto in comunità svantaggiate, e StreetSmart,impegnata a favore dei senzatetto in Gran Bretagna. Nel 2025, la catena proprietaria del locale dichiara di aver versato oltre 40 000 £ a questi enti. Resta però un interrogativo: la clientela viene davvero informata con chiarezza della facoltatività del contributo? Tra i commenti spunta chi definisce la trovata «subdola», chi ironizza sulle «tasse sul respiro» e chi si domanda se, rifiutando l’addebito verde, verrebbe ridotto anche il 12,5 % di servizio calcolato sull’intero importo. La replica del ristorante insiste sul fatto che ogni tavolo viene avvisato, ma la rete rimane scettica e la discussione dilaga ben oltre i confini di Londra.
Conti salati in giro per l’Italia
L’episodio londinese si inserisce in una lunga serie di conti a sorpresa che hanno infiammato i social lungo tutta la Penisola. Nell’estate 2025 un gruppo di visitatori, dopo aver pranzato in un locale dell’isola di Ponza, denuncia un totale da capogiro: 923 € per quattro primi all’aragosta venduta a 230 € al chilo, un antipasto, due bottiglie di vino e acqua. I villeggianti sostengono di non aver visto i prezzi sul menù, il gestore ribatte che erano stampati in modo evidente; intanto, la polemica viaggia da Roma a Milano rimbalzando sulle principali piattaforme.
Dal «servizio torta» ai croissant tagliati a metà
Altre note salate emergono a Palermo, dove un gruppo di amici versa 20 € di «servizio torta» per aver portato un dolce da casa, e a Como, dove lo scontrino riporta «toast diviso a metà – 2 €». In un bar di Treviso qualcuno trova persino 0,10 € aggiunti perché il cornetto è stato sezionato prima di essere servito. supplementi per la terrazza con vista, costi per «piatti extra» mai annunciati, surcharges per la «sanificazione» post pandemia o coperti riservati al cane al tavolo: la creatività in tema di addebiti sembra non conoscere confini.
Il quadro normativo
La normativa italiana, in particolare l’articolo 18 della legge 287 del 1991, impone di esporre con chiarezza prezzi di ogni pietanza e servizio. In numerose occasioni la polizia municipale o la Guardia di Finanza è intervenuta comminando sanzioni ai locali che non rispettano la trasparenza. Tuttavia, come dimostra il recente caso di Islington, le discussioni sul rapporto fra correttezza commerciale e iniziative “green” continuano ad alimentare un dibattito vivace su ciò che è lecito, su ciò che è etico e su quanto, alla fine, viene presentato nel momento in cui si chiede il conto.











