
Tra il set di Locarno e la devozione per Shakespeare
Rupert Everett si muove tra Locarno, dove interpreta Caifa ne il Vangelo di Giuda, e un affetto dichiarato per Shakespeare, per l’Italia e per Oscar Wilde. Fin dalle riprese di Another Country e Ballando con uno sconosciuto l’attore costruisce un rapporto speciale con il nostro Paese, rapporto che oggi si rinnova sul Lago Maggiore.
Mary Poppins e l’infanzia di un sognatore
«Volevo essere Julie Andrews», ammette l’artista. Mary Poppins segna l’infanzia di Everett e diventa il film che indirizza la sua carriera.Il ricordo di quella pellicola resta vivissimo,quasi una bussola che orienta ogni sua scelta professionale.
Il colpo al cuore di Emily in Paris
Durante la rassegna Marateale l’attore confessa la delusione subita con la serie Emily in Paris. Indossa i panni del designer Giorgio Barbieri in una puntata ambientata nella Città eterna. Una scena viene girata, gli autori promettono di richiamarlo, ma la telefonata non arriva. «Mi licenziano senza spiegazioni», racconta. La mancata riconferma lo costringe a due settimane di malinconia,prova di quanto le dinamiche dello spettacolo restino spesso incomprensibili anche per chi,come lui,vanta decenni di carriera.
Il coraggio del coming out negli anni Novanta
Quando decide di rendere pubblica la propria omosessualità,l’industria cinematografica reagisce con diffidenza. A Parigi, mentre scrive il romanzo Hello, Darling, Are You Working?, Everett rifiuta di nascondersi. «Non è stato semplice proseguire»,afferma,«ma non avrei potuto vivere diversamente». Quel gesto, allora clamoroso, gli costa ruoli e opportunità, ma diventa anche una dichiarazione di identità irrinunciabile.
Dal cinema d’autore italiano a Dylan Dog
Il pubblico italiano lo adotta negli anni Ottanta grazie a Giuliano Montaldo (Gli occhiali d’oro) e a Francesco Rosi (Cronaca di una morte annunciata). Il fumettista Tiziano Sclavi si ispira al suo volto per creare dylan Dog, personaggio che Everett incarna poi in Dellamorte Dellamore di Michele Soavi, oggi cult assoluto a trent’anni dall’uscita. L’attore, che padroneggia la nostra lingua, si dice onorato di quella somiglianza e del legame nato da essa.
Un futuro ancora nel segno di Oscar Wilde
La passione per le ricostruzioni storiche resta la sua bussola. Che sia teatro, grande schermo o televisione, Everett cerca «la verità di un’epoca». Dopo aver scritto, diretto e interpretato The Happy Prince – L’ultimo ritratto di oscar Wilde, sogna un nuovo film dedicato allo scrittore londinese, figura che paragona a un martire cristiano. «Sto lavorando perché quel progetto diventi realtà», assicura, confermando la sua inesauribile bulimia creativa.











