
Oggi l’aragosta è sinonimo di esclusività
Entrare in un elegante ristorante di New York o di Milano e trovare l’aragosta in menù significa imbattersi in uno dei piatti più costosi e celebrati. I gusci rosso scarlatto fanno capolino tra calici di champagne e tovaglie candide, mentre il prezzo al chilo suggerisce che ci si trovi di fronte a un bene raro e ricercato. Eppure, questa percezione di sontuosità è il risultato di un cammino secolare tutt’altro che lineare.
Le coste del Nord America sommerse di crostacei nel Seicento
Quando i coloni europei approdarono sulle sponde del New England, nel XVII secolo, scoprirono spiagge letteralmente ricoperte di aragoste portate dalla marea. Cumuli alti perfino 30-40 centimetri venivano raccolti a mani nude. L’abbondanza era talmente estrema da trasformare quel crostaceo in una fonte di proteine a costo zero per chiunque vivesse lungo l’Atlantico settentrionale. Le comunità indigene, i nuovi arrivati dall’Europa e persino i contadini dell’entroterra utilizzavano spesso queste creature come fertilizzante per il mais o come esca per la pesca, reputandone la carne dura e priva di sapore.
Un pasto indesiderato per detenuti e servi
Nel Massachusetts coloniale l’aragosta finì rapidamente per identificarsi con la miseria. Poveri, servi a contratto e prigionieri ricevevano piatti colmi di chele e carapaci quasi ogni giorno. Le proteste all’interno delle prigioni raggiunsero un tale fervore che, nel 1772, un’ordinanza limitò la distribuzione di aragosta ai reclusi a non più di tre volte la settimana. Il provvedimento intendeva tutelare la dignità di chi scontava una pena, tanto basso era il prestigio attribuito a quella che, allora, veniva definita sarcasticamente “carne di scarto”.
Canning e treni: le due rivoluzioni dell’Ottocento
Il destino del crostaceo cambiò nell’arco dell’Ottocento grazie a due innovazioni decisive. La prima fu la tecnica della conservazione in scatola, che consentì di imballare la polpa cotta e spedirla verso gli stati interni degli Stati Uniti.Per la prima volta, popolazioni lontane dall’oceano poterono assaggiare quel sapore marino, contribuendo a generare una domanda inattesa. La seconda svolta arrivò con l’espansione delle ferrovie. Vagoni refrigerati pieni di crostacei freschi partirono dalle coste del Maine per raggiungere in poche ore i mercati di Boston e di New York. I ristoranti cittadini, desiderosi di proporre novità, cominciarono a presentare l’aragosta come piatto sofisticato, accompagnandola a burro fuso ed erbe aromatiche.
Dalla scarsità alla rarità: il salto di prestigio
La pesca intensiva,spinta dall’entusiasmo del nuovo mercato,ridusse gradualmente le popolazioni selvatiche. Più diminuiva l’offerta, più cresceva il prezzo. Così il crostaceo che un tempo sfamava contadini e prigionieri divenne un vero status symbol. Oggi, per molti, ordinare un’aragosta dell’Atlantico significa celebrare un successo o una ricorrenza speciale, dimenticando che, solo due secoli fa, finiva senza tante cerimonie nei secchi destinati ai maiali o nei filari di granturco.












