
Avvolto dall’azzurro limpido dell’altitudine e dal verde cupo dei monti Nebrodi, Cerami si adagia a quasi mille metri come un nido di pietra. Il paese si arrampica sul pendio con case addossate le une alle altre,archi in arenaria e vicoli che si insinuano tra le cortine murarie con un’armonia antica. Chi arriva, avverte subito l’eco di un tempo rallentato. Gli edifici, modellati direttamente nella roccia calcarea, dialogano con il silenzio dell’altopiano e aprono finestre su vallate dove i colori cambiano a ogni stagione.
Le radici preistoriche e la piccola Stonehenge
Prima che i popoli mediterranei disegnassero rotte e conquiste, la zona intorno a Monte Mersi ospita menhir scolpiti dall’uomo neolitico.Questi massi, allineati come sentinelle, danno vita a quella che molti definiscono la “piccola Stonehenge di Sicilia”. Il sito, ancora oggi avvolto da ipotesi e supposizioni, racconta di riti legati al sole, di calendari primitivi, di cerimonie che cercavano nell’equilibrio cosmico la chiave della sopravvivenza.
Memorie normanne e battaglie che cambiano il destino
Con l’arrivo dei Greci tra il V e il IV secolo avanti Cristo, il territorio assume forma urbana, ma è la dominazione normanna a lasciarne l’impronta più profonda. Sulle pagine dei cronisti medievali spicca l’anno 1063, quando la battaglia di Cerami segna la svolta nella lotta contro l’emirato di Sicilia. I ruderi del castello, arroccati su una rupe che sfida i venti, non sono soltanto un mirador privilegiato.Ogni blocco di pietra serba la memoria di armigeri, cavalieri e strategie che indirizzano i destini dell’isola.
Vie di pietra, chiese scrigno e scorci che mozzano il fiato
Passeggiare nel centro storico significa attraversare secoli sovrapposti. Portali in basalto, scalinate scoscese, cortili dominati da fichi d’India conducono lo sguardo verso l’alto, dove il cielo pare toccabile.L’ocra delle facciate e il grigio verdastro delle rocce disegnano contrasti di una bellezza ruvida. Dalle terrazze naturali, lo sguardo corre oltre i tetti, scivola lungo la valle del fiume Cerami, si perde tra pascoli e querceti punteggiati da mandrie allo stato brado.
La Chiesa Madre di Sant’ambrogio e gli altri tesori sacri
Sotto la cupola ottagonale della Chiesa Madre di Sant’Ambrogio si custodiscono sculture attribuite ad Antonello Gagini, maestro del Rinascimento isolano, mentre nella penombra fragrante di incenso della Chiesa del Carmine si staglia il Crocifisso ligneo scolpito da Fra’ Umile da Petralia, capolavoro che trasforma la materia in emozione. Più defilati, i campanili maiolicati di San Sebastiano e i portali gotici di Sant’Antonio Abate emergono tra casupole in pietra viva, regalando a chi li scova l’impressione di un incontro segreto.
Boschi, mulini e sentieri nel Parco dei Nebrodi
Appena fuori dalle ultime case, la natura riprende il sopravvento con lecci, cerri e faggete che formano un polmone di verde ombroso. Nel fitto dei boschi si cela la diroccata Chiesa di San Michele, muro dopo muro inghiottita dall’edera. L’acqua scolpisce la terra lungo il corso del fiume Cerami, dove antichi mulini di origine araba testimoniano saperi idraulici giunti intatti fino a noi.
Il santuario della madonna della Lavina e il Ponte Vecchio
Pochi chilometri dal centro,un sentiero conduce al Santuario della Madonna della Lavina.La leggenda narra di un’apparizione avvenuta sotto un macigno staccatosi dal costone. Ancora oggi, pellegrini e viandanti salgono a piedi, recitando preghiere miste a canti popolari. Poco distante, il Ponte Vecchio, detto anche di Cicerone, conserva l’originaria struttura normanna. Le arcate in conci regolari riflettono nell’acqua un disegno perfetto, mentre il fruscio del fiume accompagna il viaggiatore che si perde tra fragranze di rosmarino e ginestra.
Boschi, mulini e sentieri nel Parco dei Nebrodi
Appena fuori dalle ultime case, la natura riprende il sopravvento con lecci, cerri e faggete che formano un polmone di verde ombroso.Nel fitto dei boschi si cela la diroccata Chiesa di San Michele, muro dopo muro inghiottita dall’edera. L’acqua scolpisce la terra lungo il corso del fiume Cerami, dove antichi mulini di origine araba testimoniano saperi idraulici giunti intatti fino a noi.
Il santuario della Madonna della Lavina e il Ponte Vecchio
Pochi chilometri dal centro, un sentiero conduce al santuario della Madonna della Lavina. La leggenda narra di un’apparizione avvenuta sotto un macigno staccatosi dal costone. Ancora oggi, pellegrini e viandanti salgono a piedi, recitando preghiere miste a canti popolari. Poco distante, il Ponte Vecchio, detto anche di Cicerone, conserva l’originaria struttura normanna. le arcate in conci regolari riflettono nell’acqua un disegno perfetto, mentre il fruscio del fiume accompagna il viaggiatore che si perde tra fragranze di rosmarino e ginestra.












