
Una giovane voce plurilingue, premiata al Tenco
La cantautrice Anna Castiglia, nata a Catania nel 1998, si sta facendo largo nella scena musicale grazie all’album d’esordio “Mi piace”, riconosciuto come migliore opera prima al prestigioso premio Tenco. La sua cifra stilistica mescola cori alla Matia Bazar, linee di basso che ricordano Jamiroquai e un’anima dance, il tutto impreziosito da testi in più idiomi e da un’ironia che alleggerisce persino i temi più spinosi.
Un tour in movimento fino a ottobre e il sogno di un varietà
In questo momento la musicista è impegnata in una serie di concerti che la porteranno sui palchi italiani sino a ottobre. Durante le date propone persino un numero di tip-tap, frutto degli studi di musical, definendolo soltanto “un assaggio” di ciò che immagina per il futuro. Il suo obiettivo dichiarato è creare uno spettacolo che somigli a un vero e proprio varietà, convinta che ci sia spazio per questa formula.
Canzoni ironiche per temi impegnati
Brani come “Participio presente” raccontano le difficoltà degli artisti emergenti, mentre “Ghali”, presentata a X Factor, affila la critica sociale. nel suo repertorio la satira si intreccia con sonorità pop, rendendo accessibili riflessioni profonde senza sacrificare la leggerezza.
Il collettivo Canta fino a dieci e la battaglia contro il gender gap
Insieme a Cheriach Re, Francamente, Irene Buselli e Rossana De Pace, Castiglia anima il collettivo Canta fino a dieci, nato per sensibilizzare il pubblico sul divario di genere nell’industria musicale. Ricorda frasi udite agli inizi,come “voi donne avete tutte la stessa voce” o “nella mia etichetta c’è già una donna”,dette come se la femminilità fosse un genere musicale. Nei live il gruppo dimostra che cooperazione batte competizione, ribadendo il valore della pluralità di voci femminili.
Radici nell’isola e omaggi a Rosa Balistreri
L’identità Siciliana è un pilastro della sua arte. castiglia osserva che, in un Paese composto da regioni quasi “Stati” a sé, il senso di appartenenza nazionale può sembrare complesso. Il suo cantautorato attinge a influenze globali per poi calarsi nel contesto isolano. Scoperta in età adulta, Rosa Balistreri è diventata modello di denuncia ironica: pur vivendo a Firenze, scriveva in dialetto, e quelle canzoni sembrano nate alla Vuccirìa di Palermo. Seguendo la stessa traccia, la giovane artista usa il dialetto in “Ju mi siddriu” e nella dolcissima “U mari”, riarrangiata con la band brasiliana Selton in una fusione portoghese-siciliana.












