
Molto prima che i dispositivi elettronici popolassero le nostre case, la @ era già familiare agli amanuensi del Medioevo. Essi la tracciavano con cura nei manoscritti per sostituire la locuzione latina «ad», abbreviazione che collegava luoghi e destinatari. Nel Cinquecento, nelle logge di Firenze, la stessa grafia indicava l’anfora, unità di misura utilizzata per scambiare tessuti, spezie e olio. Quel tratto sinuoso circolava tra i banchi di Milano, Genova e Venezia, dove i mercanti parlavano un lessico fitto di simboli e abbreviazioni.
Dai mercati italiani alle botteghe britanniche
Passando di ledger in ledger,la chiocciola attraversa il Canale della Manica e approda nella contabilità inglese con il significato di «at a price of». Nelle fatture di Londra la si legge come «at», contrazione che resiste nei registri fino all’Ottocento. Il tratto arrotondato continua a evolversi, ma resta sempre in vista grazie alla praticità di distinguere soggetti, beni e prezzi in un colpo d’occhio.
L’incontro con il mondo digitale
Saltiamo al 1972.In un laboratorio statunitense, l’ingegnere informatico Ray Tomlinson sta sperimentando un sistema di messaggistica interna basato su Arpanet, la rete militare che precorre Internet. In quei terminali il simbolo a spirale è raro, poco usato, facile da notare: per questo Tomlinson lo sceglie per separare il nome dell’utente e la macchina che ospita la casella di posta. Da quel momento ogni indirizzo email racchiude la sua identità fra due parti distinte,unite proprio dalla chiocciola.
Perché la scelta ricade sulla @?
Il criterio è pratico.La tastiera americana dispone già del carattere, raramente impiegato in altri contesti. Non interferisce con lettere, cifre o segni di punteggiatura comuni. E soprattutto, nessuna parola standard comprende quel simbolo: quindi, inserito fra nominativo e dominio, diventa un marcatore inconfondibile.
L’uso quotidiano della chiocciola oggi
Oggi maneggiamo la @ con naturalezza. Ogni volta che compiliamo il campo “destinatario” lo facciamo quasi senza pensarci, come fosse parte integrante del nostro nome. La rivoluzione digitale, intanto, ha trasformato i gesti di tutti i giorni: scriviamo messaggi istantanei, condividiamo foto, partecipiamo a videochiamate, ma l’email resta un passaggio obbligato per iscrizioni, ricevute, documenti di lavoro. E in ognuno di quei passaggi la piccola chiocciola continua a collegare identità e server, persone e luoghi virtuali.
Dal pergameno allo schermo: un filo continuo
Guardando indietro, il percorso di questo segno è sorprendente. Parte dalle miniature medievali, attraversa i mercati rinascimentali, si adatta ai registri della Regno Unito industriale e, trova casa nel codice binario che regola la nostra posta elettronica. in secoli di cambiamenti resta fedele al suo scopo principale: unire, collegare, mettere in relazione. Ora è sufficiente toccare il display di uno smartphone per vederla comparire; la sua storia, però, racconta di penne d’oca, velluti e magazzini portuali prima di arrivare alle fibre ottiche.
Una compagna silenziosa delle nostre giornate
la presenza costante del simbolo nello spazio digitale ci ricorda quanto il passato e il presente si intreccino. Dietro a ogni invio, a ogni notifica, vive l’eredità di secoli di scrittura, commercio e comunicazione. E così, mentre la nostra routine ruota attorno a smartphone, tablet e laptop, quell’antico ricciolo conserva ancora la stessa funzione: evidenziare un destinatario, definire un luogo, rendere chiara la relazione fra chi manda e chi riceve.












